Nicola Myckaniuk: Ricordi di guerra all’orfanotrofio G.B. Taylor

A grande richiesta, in occasione della celebrazione della liberazione d’Italia dalla dittatura e dall’occupazione, Nicola ha condiviso alcuni suoi ricordi di quanto accadde all’ Orfanotrofio G. B. Taylor durante il fascismo e allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

L’orfanotrofio dell’Istituto G.B.Taylor fu fondato nel 1923 dall’Opera Battista Italiana  per ospitare gli orfani della Prima Guerra Mondiale.  Era ubicato in una villa a Monte Mario, in via della Camilluccia. Nel 1937 la villa fu espropriata per ordine di Mussolini con la motivazione di volerne fare un Centro per i Balilla.

I ragazzi e la loro direttrice Adelaide Fasulo dovettero trasferirsi  temporaneamente in un villino in affitto nella stessa via. E’ da sottolineare l’ignobile fatto che in realtà la villa non fu assegnata  ai Balilla, ma  all’amante di Mussolini, Claretta Petacci. Ci sono testimonianze dei ragazzi di allora che  ricordano d’aver visto lì la Petacci. 

Anche la Provincia Orionina “Madre della Divina Provvidenza”, che attualmente la occupa, narrando la storia della “Villetta Rossa”, come è adesso chiamata, afferma che nel passato oltre ad essere occupata da un orfanotrofio battista la villa fu anche residenza di Claretta Petacci.

Allo  scoppio della guerra, l’orfanotrofio, sotto il rischio di chiusura definitiva per difficoltà economiche, fu trasferito a Centocelle, in Via delle Spighe, 2. Per fortuna, nel 1942, in piena guerra, quando ne era ormai stata decisa la chiusura lasciando allo sbaraglio i sei orfani rimasti, il pastore Vincenzo Veneziano assunse la direzione dell’orfanotrofio e si prese cura personalmente in tutti i modi evitandone la chiusura.

Durante la guerra, il quartiere di Roma-Centocelle fu bersagliato da bombardamenti essendo molto vicino  all’Aeroporto Militare, primo aeroporto in Italia, che prese poi il nome di Francesco Baracca. Centocelle fu anche bombardata a causa di una forte lotta partigiana ricordata nel 2018 con il conferiremento  della medaglia d’oro per la lotta antifascista.

Fanno seguito i preziosi ricordi di Nicola Myckaniuk, a quei tempi bambino ospite dell’Orfanotrofio G. B. Taylor, prima  a Monte Mario, in Via della Camilluccia e successivamente a Centocelle, in Via delle Spighe.

Un grazie particolare a Nicola.

​“Dopo il trasferimento dell’Orfanotrofio nel villino in affitto,  ricordo con precisione che qualcuno dei ragazzi più grandi o la signora Adelaide Fasulo (allora Direttrice) raccontava che  prima abitavano nella stessa via al N. 8. Era una bella villa con un bel parco. Mussolini aveva bisogno di un posto tranquillo per la Petacci e fece in modo che l’Istituto si trasferisse a N. 35 per consentire una bella sistemazione all’amata. E’ probabile che in qualche libro dello storico Petacco si trovino queste indicazioni.

Nel giugno del 1940, il primo giorno della II Guerra Mondiale ci trasferimmo (in tram) a Centocelle. A me fu assegnato l’incarico  di portare un orologio a pendolo che penso si trovi ancora in qualche posto.

La vita con la guerra fu terribile.

Amelio Giannetta, che era più grande, si arruolò nella finanza. Un giorno, dai contadini che venivano a Roma per fare la “borsa nera” aveva avuto un pezzo di lardo che la sera portò in collegio. Lo mangiammo a fettine piccole con quel cattivo pane che esisteva. E’ stato il panino più buono che ricordi.

Per quanto riguarda la Bella Villa, che si trovava di fronte all’orfanotrofio, ricordo che fu occupata dai tedeschi o meglio dalle SS. Erano venuti prima da noi con l’intenzione di requisire la nostra sede, ma la signora Fasulo spiegò loro che si trattava di un istituto protestante e allora andarono via.

Ricordo perfettamente che con gli scarponi picchiavano alle finestre del refettorio.

Io avevo il compito di andare a fare la spesa in via dell’Edera con le tessere e passando davanti al cancello della Bella Villa, spesso la guardia tedesca  mi chiamava e mi regalava un’ arancia o qualcos’altro  da mangiare. Presi uno alla volta non erano cattivi, forse io bambino ricordavo loro i figli o i fratelli più piccoli.

Nel 1940  c’era solo la parte principale del villino. Ancora oggi, guardando dal davanti in alto si vede una finestra tonda che dà su una stanza che noi chiamavamo la soffitta. In quella soffitta ospitammo degli ufficiali americani per un paio di giorni in attesa dell’abbandono da Roma dei tedeschi. Chiesero di essere ospitati e  si misero li in alto perché ”sulla Via Casilina, a Torpignattara, c’era un cannone tedesco che ogni tanto sparava e loro aspettavano che andasse via per entrare a Roma, cosa che accadde qualche  giorno dopo. Assaggiamo i primi formaggini e le prime gomme americane.

Quando gli americani bombardarono Roma io non stavo tanto bene ed ero a letto in camerata. Al suono delle sirene tutti andarono giù nel refettorio che per la costruzione particolare e le mura spesse dava una

certa protezione. Quando capii dal rumore che le bombe si avvicinavano dalle nostre parti, presi i vestiti che erano sulla sedia e scesi giù per le scale per raggiungere gli altri. Proprio mentre passavo davanti alla finestra arrivò una bomba in fondo al terreno dove c’era un vecchio fico. Fui sbattuto giù per le scale dallo spostamento dell’aria, per fortuna senza gravi danni.

Raggiunsi gli altri nel refettorio e la paura fu forte. Il bombardamento continuò fino a San Lorenzo dove si recò il Papa e la storia ricorda il suo  bianco vestito sporco di sangue. La bomba fece una buca enorme nel nostro giardino che non ricordo chi la ricopri.  

In quei tempi noi pochi ragazzi andavamo alla Torraccia a raccogliere la cicoria nel campo per portarla a casa dove veniva cucinata.  Tutto ad un tratto dei caccia inglesi cominciarono a mitragliare scendendo a bassa quota. Con Armando Puppio e gli altri ci buttammo in un canale o fossato e ricordo perfettamente che qualcuno aveva fatto lì i suoi bisogni ed io mi sporcai. Però nessuno di noi fu ferito.

Alla Torraccia c’era il campo molto grande della milizia del Duce che una volta andò a far visita e noi ragazzi andammo da fuori campo a vederlo.

Quando ci fu l’armistizio, i militi scapparono e qualcuno venne anche da noi a cercare dei vestiti civili per non farsi prendere o dai partigiani o dai tedeschi. Noi ragazzi andammo nel campo a prendere quello che i grandi di età avevano già preso, come generi alimentari e piano piano il rimanente. Noi prendemmo vestiti che tingemmo di blu per fare dei vestiti adatti a noi ragazzi. Infine nel campo rimase poco. Io e Armando Puppio prendemmo anche due alberi di larice o abeti che piantammo nel nostro giardino e credo che forse uno c’è ancora. Prendemmo anche dei fucili (di nascosto dalla  Fasulo) e proiettili. Con i proiettili smontati facemmo delle bombe e il divertimento fu grande  a farle esplodere. I fucili non avevano il caricatore, quindi non erano pericolosi. Con quelli andavamo nei campi della Torraccia per divertimento. Una volta i tedeschi ci fermarono ma noi riuscimmo a far capire loro che non erano usabili perché mancanti dell’otturatore. Ci lasciarono andare, ma la paura fu tanta”.

Nicola Myckaniuk – 25 aprile 2022

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