Per non dimenticare il tempo quando i giovani battisti italiani avevano un luogo tutto loro a Santa Severa dove annualmente si incontravano, abbiamo raccolto alcune testimonianze che partono dal 1950. Si tratta di elogi del Villaggio e proteste per la vendita inopportuna di un tesoro così grande svenduto da chi non ha voluto cercare vie alternative lasciandolo prima ad un lento degrado fino alla sua svendita contro il volere dell’Assemblea delle chiese battiste
La vendita del villaggio di Santa Severa ci deve servire da esempio nel caso dovessero verificarsi altri episodi di questo genere. Sono a rischio altre storiche proprietà. Dobbiamo combattere affinché ciò non avvenga.
Chiunque avesse ricordi e foto da aggiungere, è pregato di farlo.
Come nacque il Villaggio della Gioventù
Il Villaggio della gioventù di Santa Severa nacque per forte volere del pastore Manfredi Ronchi, allora Segretario dell’Opera battista italiana (oggi UCEBI). I mezzi a disposizione, dati i tempi, non c’erano, ma la volontà di stare insieme era forte. Il pastore Ronchi aveva preso la direzione dell’Opera battista, rimasta senza guida nel periodo difficile della seconda guerra mondiale. Fu un personaggio molto importante per la storia del battismo italiano. Uomo intelligente, colto e pronto ai sacrifici,
I primi campeggi
I primi campeggi furono organizzati su terreni in affitto: il primo a Sant’Agostino, il secondo a San Rocco. Poi fu finalmente acquistato un terreno a Santa Severa dove nacque il Campeggio Evangelico della Gioventù di cui prese la direzione Guido Saccomani .
Col tempo furono costruiti alcuni edifici e il nome fu cambiato da Campeggio Giovanile a Villaggio della Gioventù.
Circa la storia del Villaggio, fa seguitio quanto scritto dal Pastore Luigi Spuri su Riforma il 9 giugno 2000 in occasione del Cinquantenario del Villaggio..
Storia del primo campeggio
Articolo (Riforma 9 giugno 2000) di Luigi Spuri, intitolato “Cinquanta anni di Santa Severa”
“Nella tarda primavera del 1950 ci fu un incontro a casa di Luigi Spuri con Manfredi Ronchi, Carmelo Inguanti e Guido Saccomani.
“ Mi chiesero di organizzare un campeggio marino per la prossima estate. La località era Sant’Agostino, vicino a Civitavecchia. Fu il primo campo organizzato dal movimento giovanile.
Ne organizzammo un altro nel 1951.
Poi venne la “duna promessa”; il pastore Ronchi ci disse che aveva acquistato del terreno a Santa Severa proprio sul mare. Quando lo vedemmo pensammo che le tende non sarebbero bastate. Per il materiale per il primo campo Pietro Grani, Luigi Biferali e Ermanno Spuri furono indirizzati all’Istituto G.B.Taylor. Lì c’era ad attenderli il pastore Vincenzo Veneziano che aveva ricevuto per loro un gippone dell’esercito americano, del materiale di legno e grandi tende.
Ci mettemmo al lavoro, donne, uomini, giovani di Civitavecchia e di Roma, ma anche di altre parti della penisola.
A Santa Severa la prima iniziativa fu di stampare dei biglietti con la scritta “mattoni per il Villaggio di Santa Severa”.
Prima di chiudere voglio aprire una finestra sulla nostra vita di campeggio di allora. Un giorno venne al campo il pastore Ronchi e signora. Era una bella giornata, il mare era calmo e limpido, il pranzo e la cena ottimi perché il cuoco, il fratello Camponeschi di Roma ci sapeva fare. Poi a notte, tutti a letto, ma io e il fratello Otello Gagliani di Civitavecchia ci eravamo bardati per la pesca notturna.
Il pastore Ronchi mi chiese: “Luigi, dove vai?”. “Vado a pescare”. “Allora – mi disse – tutto il pesce pescato lo pulisco io”. Quando la mattina si alzarono videro tanto pesce sul tavolone dove si mangiava, i polpi si dovevano tenere a bada per non farli cadere a terra. Mia moglie si offrì di fare la zuppa di pesce e i fratelli romani il fritto con i molluschi. Ronchi e sua moglie passarono la mattinata a pulire il pesce”.
Bianca, figlia del pastore Manfredi Ronchi, che partecipò ai primissimi campeggi, prima a Sant’Agostino, poi a San Rocco e finalmente a Santa Severa, ha inviato i suoi ricordi di allora e alcune foto:
“Il nostro cuoco Camponeschi aveva l’aria del vecchio marinaio… per il mangiare ci si arrangiava, eravamo tutti di bocca buona e di normale appetito. Una volta qualcuno ha detto che il cibo era senza sapore: la sua vendetta è stata per un po’ di volte di pepare e salare in eccesso (perché non si dicesse che non cucinava saporito), Patate e pollo erano quasi immangiabili, ma li mangiavamo lo stesso
“Ricordo che il primo “campeggio” è stato fatto a S. Agostino, che si trova dopo S. Marinella. Posto bellissimo e solitario: c’erano scogli, una presenza della Guardia di Finanza ed un piccolo stabilimento sulla spiaggia, che si raggiungeva scendendo dei gradini scavati nella roccia: il campeggio era sopra.
Papà faceva di tutto, compreso cucinare: era riuscito a fare – col latte in polvere – un latte decentissimo e soprattutto sapeva dosare il cocomalto – che dato il caldo poteva fare brutti scherzi e senza bagno… potete immaginare.
Non c’era né acqua potabile né luce. Le tende erano forse una decina. Noi – mamma, io ed i gemelli (che avevano circa tre anni) dormivamo in una stanza di questo piccolo stabilimento. L’acqua (poca) da bere si prendeva ad una sorgente che usciva dalla roccia, i piatti si lavavano con la sabbia e si sciacquavano in mare. Questo per sommi capi. Papà era riuscito ad avere una jeep dell’esercito USA e i piatti di acciaio inossidabile (chi li aveva mai visti!) quelli con gli scomparti, che erano usati dai soldati.
Un paio d’anni dopo il campo fu montato a S. Rocco (vicino Grosseto) in una pineta e c’erano più comodità (ad esempio c’era una buca circondata da una cannucciata che serviva da gabinetto), c’era la luce e poca acqua potabile. Noi (mamma, i gemelli ed io) dormivamo a Grosseto a casa di Tullio Saccomani, – mangiati – soprattutto io, dalle zanzare. Papà ci veniva a prendere la mattina – e la sera ci riportava con la Jeep il figlio di Bruno Saccomani. C’era anche la sorella soprannominata Bambi. Era venuta Mirella Pampuri dalla chiesa di Milano, la signora Mattei dalla chiesa di Via Urbana,, la famiglia Parlanti con cane.
Mio padre ci teneva a questi incontri perché era convinto che i giovani delle nostre chiese si dovessero incontrare. Per le ragazze che venivano – soprattutto a S. Severa – quella era la prima volta che si allontanavano da casa e che facevano un viaggio. Era una novità eccezionale soprattutto per la mentalità di quei tempi”.
Foto dei campeggi inviate da Bianca Ronchi.

Campeggio di San Rocco (GR)
Agosto 1953
Da sinistra: Lilia Mattei (Via Urbana), Tullio Saccomani, rag. Centrale, forse Ennio Saccomani (TO), Manfredi Ronchi
Seduti : figlio di Tullio, Edda Pampuri (MI)

Mirella Pampuri con la signora ?

Da sinistra: Laura, Bianca e Sergio Ronchi con il cane dei signori Parlanti di Rovereto

1959 – Santa Severa
Da sinistra dietro: Armando Spinella, Sergio Corda, Piero Pili
Davanti: Bianca Ronchi, Ester Parodi (Rivoli), ?

1961 – Santa Severa
?, Giovanni Mica, Giulietta Guicciardi (Piazza Cavour), Bianca Ronchi, Gabriella Masini
Sullo sfondo il Castello di Santa Severa

1962 – Santa Severa
Da sinistra: Bianca Ronchi, Sergio Bianconi, il Past. P. Suman, un toscanaccio bassotto e simpatico, il nipote di Gina Bassi

1958
Visita a Roma prima della partenza dei ragazzi di Lodi e Milano
Comunque il nostro Villaggio di S, Severa è nato con una tettoia, panche e tavoli di legno dove si facevano gli studi e si mangiava. La cucina, essenziale, fornello , bombola, era attaccata a questa tettoria. Per il pollo (a pezzi) al forno o per le patate, si portavano le teglie al “centro” dove c’era il bar che aveva un forno per il pane e la pizza bianca (squisita) e un piccolo negozio con un po’ di tutto. .A posteriori, e cioè nel duemila, si è saputo che anche i presidenti Ciampi e Scalfaro avevano una villa li: era un posto (all’epoca nostra) tranquillo e senza alcun tipo di “vita” notturna, eccetto uno spiazzo per il cinema all’aperto, dietro l’Albergo Maremonti che era sull’Aurelia.
Sul davanti c’era anche una costruzione a due piani che aveva due bagni e solo stanze con i letti a castello; naturalmente c’erano anche delle tende: nel 1958 il sig. Mario Girolami ne ha aveva piantata una enorme per tutta la sua famiglia!
Questa costruzione poi è diventata refettorio, cucina e qualche camera per lo staff, che dormiva pure in una baracchetta laterale (mi pare per tre persone max”.

1956
Lo Staff del Campeggio Giovanile di Santa Severa
Da sinistra: Enzo Veneziano, Guido Saccomani (Direttore del Villaggio), ?, Beppe Parlanti
Guido Saccomani fu determinante per l’andamento del Villaggio fin dai suoi inizi e seppe dirigerlo in modo esemplare per vari anni. Un grazie particolare a lui e alla sua cara moglie Berta.

Estate 1956
– Enzo Veneziano con sulle spalle Laura Carlodalatri, Seduti a sinistra Bruno Lisi, Mirella Veneziano, Paolo, In piedi il cuoco Camponeschi

Estate 1956
In alto da sinistra: Beppe Parlanti, Carlo Moriero, Enzo Veneziano
In basso da sinistra: Mirella Veneziano, Fausto Giannini, Guido Veneziano
Seduta sull’altalena: Laura Carlodalatri (detta Topolino)

Estate 1956
I ragazzi del Campeggio di Santa Severa


Estate 1956
Col passare degli anni il campeggio cambio nome e divenne villaggio, data la costruzione di edifici e la successiva abolizione delle tende.

Estate 1957
Da sinistra in piedi: ?, Luciana Evangelisti, Gioietta Zeni, Mirella Veneziano, Anna Moriero. Berta Saccomani, ? ,?, Patrizia Saccomani

Estate 1957
Da sinistra: Giancarlo Giammetta, Mirella Veneziano, Luciana Evangelisti

Estate 1957
Il Villaggio di Santa Severa ospitò anche le Assemblee dell’Ucebi.

Assemblea Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia – UCEBI
Santa Severa 12-15 Settembre 1961
Prima fila da sinistra: Pastori Manfredi Ronchi, Carmelo Inguanti, Piero Bensi, Angelo Chiarelli, Rosario Baglieri
Seconda fila:. Pastori Paolo Sanfilippo, Michele Foligno, Sergio Corda

Album Sergio Ronchi: Nuovo dormitorio maschile

Festa 50 anni del Villaggio di Santa Severa
Mariangela Fadda
Una giornata di Festa – generazioni riunite nel comune ricordo
“ Sotto una bella giornata di sole il Villaggio della gioventù di Santa Severa ha festeggiato il suo cinquantesimo anniversario. Ha raccolto intorno a sé le generazioni che l’hanno costruito, ristrutturato e soprattutto vissuto. Ha raccolto intorno a sé nonni e nonne, padri e madri, figli e figlie e tanti nipoti che hanno condiviso insieme un culto per ricordarsi la “follia” che muove lo spirito e che guidò chi ha sognato un luogo per la riflessione e la condivisione dove c’erano solo terre paludose. E ci siamo ritrovati una generazione accanto all’altra nelle foto sul muro, divise per decenni, e la storia personale e le esperienze personali vissute al Villaggio si sono intrecciate con la storia del Villaggio, che è storia comune, storia condivisa. Abbiamo iniziato a ricordare e a raccontarci le nostre storie visssute con altri e con altre che abbiamo riconosciuto come parte del nostro percorso di esperienze, fede e vita….
Al calare del sole sul 50° anniversario del Villaggio della Gioventù di Santa Severa torno a casa convinta che tutti hanno vissuto il Villaggio, soprattutto in questa giornata, come un dono che ci passiamo di generazione in generazione e che ogni generazione arricchisce per poi donarlo alla prossima”.
Notizie sulla vendita del Villaggio della Gioventù
La vendita avvenne nel 2005 non rispettando quanto deliberato dall’ articolo n.10 dello Statuto dell’Ente Patrimoniale dell’UCEBI.
I giovani si sono trovati a doversi incontrare non più in un luogo tutto loro, ma presso località sempre diverse e a volte dover pagare il soggiorno a centri cattolici. Cosa che loro contestarono.
Lettere apparse su Riforma che dimostrano lo scontento generale per la vendita del Villaggio.
Paolo Landi – Roma
Riforma, 28 ottobre 2005
“Caro “Villaggio della gioventù”, nel momento triste in cui ci lasci, voglio ricordare quanto tu sia stato importante nella vita di una generazione di giovani, per gli entusiasmi che hai suscitato, per le occasioni di fede che hai creato.
Caro “Villaggio della gioventù” la vita si evolve e molto può cambiare nella nostra esistenza ma tu hai sempre rappresentato un punto fermo ben caratterizzato. Persone diverse hanno cercato, in modi differenti, di valorizzare le tue potenzialità ma sempre hai saputo mantenere la tua fisionomia di luogo di incontro, alcune volte di scontro dialettico, di partecipazione, di rispettoso reciproco riconoscimento.
Caro “Villaggio della gioventù, sei stato una creatura nata dalla volontà di giovani credenti tesi a dare visibilità alla loro fede. Se la tua memoria potesse essere portata su un monitor, apparirebbe un lungo film di vita vissuta con i volti dei tantissimi fanciulli, ragazze e ragazzi, uomini e donne che nel tuo Centro hanno vissuto, in molti casi, la loro migliore stagione di vita. Ne hai viste delle belle! E se volessimo raccogliere i tanti episodi che si sono succeduti, una sola libreria non potrebbe contenerli.
Caro “Villaggio della gioventù, la tua non è stata una fine serena; prima una lunga agonia passata in solitudine, senza alcun conforto, senza l’illusione di una speranza. Poi, in silenzioso annuncio, hai terminato il tuo compito, sacrificato nel nome di un presunto interesse superiore.
Caro “Villaggio del la gioventù” a noi che ti sopravviviamo resta, oggi, il solo ricordo. Potremo riuscire a mantenere la tua memoria?
Per chi ti è stato vicino, sicuramente sì! Resta la tristezza di una fine immatura ma anche con questo sentimento che abbiamo nel cuore, ci corre l’obbligo di ringraziare il Signore per il dono ricevuto di averti avuto con noi”.
Sergio Ronchi – Milano
Riforma 11 novembre 2005
“Ho letto il discorso funebre di Paolo Landi sul Villaggio della Gioventù a esequie avvenute (e avvenute, ahinoi, nel più stretto riserbo. Riforma N.40). L’intera vicenda suscita perplessità e impone interrogativi all’esecutivo battista, che ha decretato la morte di un malato non terminale. Qui non si tratta di appartenenza denominazionale: la questione riguarda l’intero evangelismo storico italiano , a prescindere dal fatto che l’idea di un Centro evangelico lungo il litorale laziale venne al Segretario dell’Opera battista dell’epoca, Manfredi Ronchi, e non ad altri.
Tutto ha avuto inizio, nel 2000, con una ordinanza della Asl, per piccole irregolarità facilmente sanabili. Il Comitato esecutivo (Ce) iniziò raccolte di fondi, poi un’assemblea straordinaria rimise la questione, con fiducia assoluta, nelle mani del Ce e, infine, a una successiva assemblea fu resa nota l’operazione di permuta: terreno e palazzina Goerner a un acquirente e il resto a questi affidato per la ristrutturazione con una data di inizio, che non hanno mai avuto luogo. Le stanze vennero svuotate, l’intero mobilio fu messo a prendere aria e io , nell’agosto 2003, ho dormito per due settimane nella foresteria della comunità battista di Cagliari proprio nei letti del Villaggio; lo stesso per i materassi e le lampade e i comodini…E, in ultimo, da poco sono venuto a sapere che i lavori rimarranno sul progetto: anche la palazzina storia è stata venduta, dopo che l’intera proprietà era stata abbandonata, e da subito con colposo silenzio.
A questo punto mi domando: alle comunità battiste tutto ciò sta bene? Accettano senza fiatare né interrogarsi né interrogare? Il Ce ha proprio niente da dire? E se no, può almeno, visto che bene o male, più o meno, c è di mezzo la Bibbia, l’evangelo, l‘etica protestante e quant’altro, rendere nota a mezzo stampa (sulle colonne di questo stesso settimanale, che è dei battisti, dei metodisti e dei valdesi) la “squallida” ordinanza
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Un articolo che dà speranza a futuri incontri dei giovani evangelici battisti delle nostre chiese è apparso su Riforma il 1° settembre 2015
Ci informa che finalmente è stato ristrutturato il Centro di Rocca di Papa dove si spera i giovani possano incontrarsi di nuovo nello stesso spirito di Santa Severa.
Alessandre Spanu
Investire sulle persone e sulla formazione – Riforma 01 settembre 2015 “Si riparte. Dopo la dolorosa chiusura de «Il Villaggio della gioventù» di Santa Severa (Rm) e la conseguente interruzione dell’aggregazione, della formazione e dell’elaborazione che, pur con tutti i limiti, al Villaggio si faceva, si riprende il cammino. Certo, si tratta di una prima prova ed è troppo presto per dire se le chiese battiste italiane avranno le risorse umane e finanziarie per dare continuità al salvataggio del Centro evangelico battista di Rocca di Papa (Roma). Ma è un fatto che quest’estate – dopo la festa di riapertura del 25 aprile scorso – sono stati organizzati due campi: uno per bambini e l’altro per adolescenti. Dal 26 luglio al 2 agosto 21 tra ragazzi e ragazze, compresi tra i 13 e 16 anni, provenienti da varie parti d’Italia (più due dalla Svizzera), hanno preso parte al campo organizzato da un gruppo staff composto da cinque persone che aveva come tema «L’alterità» e un percorso biblico su Giona. Il tutto condito da attività ludiche e sportive, e incorniciato da riunioni di preghiera che aprivano e chiudevano ogni giornata. Franca e Dora hanno curato con affetto e competenza la preparazione dei pasti e la gestione della cucina.
Quello che non si può organizzare, ed è accaduto, è l’impasto tra le persone, l’intreccio delle relazioni che fa di un campo estivo un’esperienza formidabile e un’occasione per testimoniare una fede esistenzialmente rilevante e la consistenza di una comunità evangelica più grande della chiesa locale. Il Centro di Rocca di Papa si presenta come un luogo sobrio, ma dignitoso, e ben tenuto da Fabrizio Li Puma. Un ruolo di primo piano lo gioca il giardino che nella bella stagione non è soltanto il luogo dove svolgere le attività ludiche e sportive, ma anche lo spazio da impiegare per i gruppi di lavoro e le riunioni di preghiera. Inoltre il giardino, generosamente mantenuto da alcuni fratelli della Chiesa di Trastevere, è il biglietto da visita del Centro. Si può ben dire che Rocca di Papa rispecchi quello che le nostre chiese sono e devono fare: un centro sobrio per delle chiese che devono imparare a vivere sobriamente e dignitosamente. Per il futuro è prioritario investire sulle persone. Investire su una direzione che durante i campi assicuri ai gruppi di lavoro di potere svolgere il proprio compito senza doversi preoccupare delle urgenze legate alla struttura del Centro. Inoltre, investire sulla formazione dei gruppi che gestiscono i campi. È necessario organizzare al più presto un campo di formazione dei gruppi di staff dei campi estivi: un campo formazione che dia gli strumenti per pensare un campo, ma anche per gestire le relazioni tra le persone. Un campo formazione che sia il luogo di elaborazione e di confronto sul progetto formativo che vogliamo svolgere a Rocca di Papa. Infine, è necessario da subito legare il lavoro di Rocca di Papa agli altri centri, quelli ad Agape (Prali) e ad Ecumene (Velletri) primi fra tutti. Detto con uno slogan: ripartire da dove è stato interrotto il lavoro di Emanuele Troiani, ultimo direttore di Santa Severa”.